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MOMENTI DI FESTA, DI PURO PIACERE

Magia, atmosfera, emozionI. Uniche per ogni festa. I nostri eventi raccontati in alcuni video di chi li ha vissuti in prima persona.

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Location Matrimonio

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    Corner Taglio Torta Scenografico

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    Sì. Viene concordato in riferimento alle vostre esigenze

  • Qual è il sovrapprezzo nel caso in cui non si arrivi al numero minimo?

    Viene sempre definito in anticipo in riferimento alla situazione.

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Contatti

CONTATTI

via Roma, 360
37040 S.Stefano di Zimella (Verona)

Mob. +39 351 9077014

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Villa Cornaro

VILLA CORNARO

CENNI STORICI

La famiglia Corner o Cornaro è un’antica e nobile casata veneta che ebbe privilegi e onori in tempi remoti. Giovanni nel 1238 fu ambasciatore del Papa Gregario IX quindi dell’imperatore Federico II. Vantò generali, diplomatici, magistrati, dogi ed una serie di eminenti cardinali e vescovi. Questa illustre casata si divide in più linee dette di San Martino e San Gregorio, iscritte negli Albi Aurei dell’Antica nobiltà Italiana con i titoli di Conti e Patrizi Veneti.

La villa di Santo Stefano di Zimella (Verona) denominata Cornaro (quindi Grimani Morosini Gatterburg), fu abitata dai Cornaro anche prima dei fratelli Alvise e Giacomo che, a partire dal 1661, ne furono i proprietari. Poi passò ai Grimani, quindi ai Morosini infine all’Istituto di Carità, di Venezia (IRE) e, nel 1925, comprata da Basilio Carpenedo per 50.000 lire dall’IRE. Dal 2002 la proprietà è della società S.Stefano Costruzioni srl.

Villa Cornaro, di impianto cinquecentesco, è posta su un fondo di circa 12000mq di terreno lungo e stretto a forma di trapezio allungato che parte da via Roma 360, quasi di fronte alla chiesa parrocchiale di Santo Stefano. Vi si arriva percorrendo un viale rettilineo di 250 m circa, che divide il prato e si collega al cancello in ferro battuto sostenuto da due pilastri in pietra a grossi conci alternati a bugnato, inseriti nelle mura di mattoni che ne perimetrano l’intera area. La villa si trova tra altre due ville: la Morosina e Donà delle Rose le cui mura la delimitano con entrambe.

La parte centrale della villa risale alla seconda metà del Cinquecento, con salone passante con soffitto alla Sansovino, quasi a forma quadrata mentre l’ampliamento delle due ali laterali e del sopralzo sembra risalire alla seconda metà del Settecento.

Il lato destro dovrebbe addirittura risalire agli inizi dell’Ottocento. Notizie storiche certe citate su documenti di archivio, portano la data del 1661 e ne attribuiscono la proprietà ai fratelli Alvise e Giacomo Cornaro, nobili facoltosi proprietari terrieri Veneziani. Era una villa di rappresentanza oltre che di nobile residenza di villeggiatura estiva ed era probabilmente dotata di una cappella adiacente di cui non ci sono più tracce se non dei disegni su documenti storici. Del luogo di culto rimane ora a testimonianza una stanza al pianterreno con soffitto affrescato da un ignoto pittore di scuola del Tiepolo, con l’immagine del Padre Eterno Creatore con barba bianca in cielo tra le nuvole, con le braccia aperte, la veste rossa e il mantello blu nell’atto di produrre il Sole e la Luna, racchiuso dentro a strutture architettoniche arrotondate di color marrone/terriccio.

Durante la proprietà Cornaro la villa, nel vasto fondo di sua pertinenza verso Bonaldo, il paese vicino a sud, aveva un lungo e rettilineo sentiero che la collegava alla frazione stessa e che consentiva al suo parroco o a qualsiasi altro sacerdote, di venirvi a celebrare Messa o più semplicemente di accendere al fondo. Ancora oggi si vedono le tracce di un portone, ora murato, che si apriva tra le mura del brolo verso Sud e collegava appunto questo viottolo con Bonaldo.

Nel 1620 la Contessa Ginevra Cornaro donò alla comunità di Santo Stefano (allora denominato Santo Stefano di Volpino) una pezza di terra di tre campi veronesi per costruirvi la chiesa del paese posta quasi di fronte alla villa, con l’obbligo di celebrarvi delle messe.

E’ ancora visibile una lapide incastonata sul muro a lato della scala interna che porta all’organo della chiesa parrocchiale recante la scritta: LA CL.MA S.RA GINEVRA CORNARA CHE FO’ DELL’ILL.MO SIG.R CARLO NOB. DI VENETIA HA INVESTITO IL R.DO RETTOR DELLA CHIESA DI S.STEFANO ET SUOI SUCCESSORI, D’UNA PEZZA DI TERRA DE CAMPI TRE IN CONTRA’ DEL GAZO, CON OBLIGO AL DETTO R.DO RETTORE DI CELEBRAR UNA MESSA ALLA SETTIMANA ET UN OFFICIO DE MESSE DIECI OGNI ULTIMA SETTIMANA DELL’ANNO IN PERPETUO PER L’ANIMA DI D.A SIG.RA APPAR DI ESSA INVESTITURA, ET OBLIGO INTR.O PUBLICO ROGANDO DA D.NO FABRICIO RUTILIO NODARO DI COLOGNA L’ANNO DI N.RO SIG. MDCXX.

Con successivi trasferimenti, la villa passò di mano in mano divenendo prima proprietà dei Grimani verso il 1740, ed infine, nel 1787, dei Morosini.
I Grimani erano nobili patrizi di una antica casa Doganale Veneta che si divide in cinque linee delle quali sopravvivono oggi solo due rami della superstite detta di San Luca. Furono molti i personaggi importanti amici e ospiti illustri della famiglia Grimani, come il famoso commediografo Carlo Goldoni, che scrisse nel 1750 una poesia per le nozze dell’amico Giovanni Grimani con Caterina Contarini; o il pittore Pietro Longhi che li ritrasse nel 1751 nel celebre quadro del ”Rinoceronte”. Erano loro i proprietari delle ville di Santo Stefano, la Morosina e la Cornaro, ma anche di altre ad Albaredo di Vedelago (Treviso), a Martellago, a Pettorazza Grimani, (dove le ultime tre contesse sono state sepolte) e di molte altre.

I Morosini, erano nobili veneziani che possono vantare quattro dogi e tre dogaresse, una regina d’Ungheria ed una di Serbia. Il doge Francesco, detto il Pelopponisiaco, fu un famoso condottiero e fu grazie Loredana Grimani, l’ultima erede dei Grimani andata in sposa a Francesco Morosini (nipote del Poloponnisiaco), che i Grimani e i Morosini riunirono in un unico e vasto patrimonio. Questi ebbero una figlia, Elisabetta Morosini, che sposò a Vienna il conte Antonio Gatterburg, capitano austriaco già citato per la villa “Morosini” adiacente alla Cornaro.

Ebbero due figlie: Marianna, morta precocemente e Loredana che ereditò l’immenso patrimonio di famiglia. Loredana Morosini Gatterburg fu l’ultima erede e fu anche l’ultima proprietaria delle ville di Santo Stefano, la Morosina e la Cornaro. Alla sua morte il ramo della famiglia si estinse e gli eredi cedettero l’immenso patrimonio, frazionandolo, tranne quello destinato alla Congregazione di Carità di Venezia, comprensivo delle due ville di Santo Stefano con i rispettivi campi e rustici. Villa Morosina dista dalla Cornaro un centinaio di metri e un muro di confine con i relativi rustici, divide le due proprietà. Per la comunanza della proprietà delle due ville adiacenti (Cornaro – Morosini) una breve introduzione alla famiglie stesse era necessaria. Villa Cornaro ha la struttura di una vera e propria villa veneta a due piani con sopralzo nella parte centrale, contornata da volute alle parti, concluso da un frontone ornato da pinnacoli ai vertici del timpano. Si compone di una parte centrale cinquecentesca, con un salone centrale passante, che attraversa tutto l’edificio da fronte a retro, e stanze ai lati poste in modo simmetrico. Tra il Settecento e l’Ottocento sono stati aggiunti un sopralzo timpanato nella parte centrale e due corpi laterali simmetrici che terminano con due timpani uguali ripetuti nei due frontoni principali a Nord e a Sud: probabilmente unico caso di triplice presenza di timpani nel scenario delle ville venete fatta eccezione Villa Pisani a Strà e Villa Toderini a Codognè. Villa Cornaro si presenta con una duplice facciata: quella principale più alta e con l’attico disposta verso la strada a nord, quella più bassa rivolta verso il brolo a sud. Si divide in tre piani: piano terra, piano nobile e attico. A pian terreno, la parte centrale è composta da una porta ad arco a tutto sesto incorniciata in pietra e da sei finestre rettangolari, sempre incorniciate in pietra berica locale, con l’aggiunta di due corpi laterali più bassi con altre due finestre su ambo i lati. Al primo piano si ripete lo stesso schema del piano terra con una porta ad arco, ma con l’aggiunta di un grazioso balconcino, in ferro battuto a ventre, sostenuto da due mensole. Al centro spicca un sopralzo o attico aggiunto e munito di due finestre più piccole con una monofora centrale ad arco, scoperta e riaperta durante l’attuale restauro, coronato alla sommità da un timpano triangolare con tre pinnacoli e ai lati, quasi sospese, due volute che collegano visivamente e ornano il sopralzo e si appoggiano al tetto. Ai lati, più basse, le due ali laterali terminanti a motivo di torretta, con due timpani o frontoni uguali per forma e dimensione di quello centrale. La facciata, disposta a Sud, è più bassa e meno imponente perché senza il sopralzo, ma uguale all’altra per numero di porte e finestre, si affaccia al brolo ove un tempo vi erano alberi da frutto e ora è recuperato per altra fruizione ricettivo-turistico con il confort che l’ospite cerca e chiede.

Guardandola dal brolo, si notano ai lati i due timpani con sopra tre pinnacoli e al centro due porte ad arco a tutto sesto con un balcone in ferro battuto. Si vedono anche due canne fumarie esterne, aggettanti alla polesana, che terminano con due comignoli lavorati in pietra e con la stessa forma dei pinnacoli del timpano a sfera, in pietra berica. L’interno comprende un salone centrale che attraversa l’intero complesso (detto portego) e quattro grandi sale ai lati disposti simmetricamente. Il soffitto del salone è a travature regolari di legno alla sansovino.

A metà salone sulla destra, una bella porta ad arco, incorniciata in pietra, ci conduce alle scale in pietra che portano ai piani superiori. Il salone centrale del piano nobile, è pavimentato in parquet posato a spina di pesce probabilmente originale del ‘600 / ‘700.

Le stanze principali sono dotate tutte di caminetto con cornice in pietra berica lavorata con lo stile usuale nel seicento. Il restauro ha conseguito di risanare la villa, salvarla dal degrado e riportarla all’antico splendore mantenendo l’insieme della facciata uguale a quello precedente. Sono stati creati spazi a mansarda nei sottotetti, prima non abitabili, mantenendo il più possibile gli ingombri, altezze e le dimensioni originali per un utilizzo della villa ad attività ricettiva.

LOREDANA CORNARO GRIMANI E DANILO

“l’amore senza fine che supera il tempo”

Nel 1765, Villa Cornaro, con la sua elegante architettura cinquecentesca, era il cuore pulsante della vita sociale e culturale di S.Stefano di Volpino. Tra le sue mura, si svolse una storia d’amore tanto intensa quanto proibita. Loredana Grimani, figlia del nobile patrizio Giambattista Grimani e della Nobile Cornelia Cornaro, era una giovane donna di straordinaria bellezza e intelligenza. Cresciuta tra i fasti della villa Grimani a Mogliano Veneto (oggi Villa Volpi) e nel palazzo omonimo a Venezia, Loredana era destinata a un matrimonio di convenienza che avrebbe rafforzato il prestigio le alleanze della famiglia patrizia con altra di pari rango.

Tuttavia, il suo cuore apparteneva a Danilo, un giovane di umili origini che lavorava come giardiniere nella tenuta di Villa Cornaro. Costui era figlio del Gastaldo Micheletto, responsabile delle tenute dei Cornaro a S.Stefano. Loredana lo conobbe nell’estate del 1765 durante il soggiorno della famiglia Grimani in Villa Cornaro. La villeggiatura in villa di campagna era legata al periodo estivo e iniziava a metà di giugno e terminava nell’estate di San Martino (11 novembre). La villeggiatura era una abitudine della nobiltà per allontanarsi dal caos della città per godere di momenti più rilassanti nelle proprietà in terraferma (all’epoca Venezia contava 140.000 abitanti). Ivi portavano la famiglia intera e il personale (30/40 persone). La nobile Cornelia Cornaro, madre di Loredana, la ereditò in precedenza.

Danilo era un giovane di grande talento e sensibilità, capace di trasformare i giardini della villa e il brolo in veri e propri paradisi terrestri. Durante le sue rare passeggiate solitarie, Loredana aveva spesso osservato Danilo al lavoro, affascinata dalla sua dedizione e dalla sua passione per la natura e dai meravigliosi risultati ottenute nel creare un giardino sorprendente. Un giorno, mentre Loredana compiva una passeggiata, i loro sguardi si incrociarono e iniziarono le prime chiacchiere, sorrisetti, sguardi e fu come se il tempo si fosse fermato. Nonostante le loro differenze sociali, tra i due nacque subito un profondo affetto.

Anche la famiglia di Danilo temeva le conseguenze di un’unione così diseguale. Nonostante le difficoltà, Loredana e Danilo continuarono a vedersi, di nascosto, trovando rifugio nei luoghi più riservati della villa. Le convenienze della famiglia Grimani portarono ad un veloce matrimonio con la famiglia Morosini e i due amanti furono separati con la forza.

Loredana fu rimandata in Villa Volpi, senza più ritorno in Villa Cornaro, non dopo averla rinchiusa per 40 giorni in una stanza della villa senza vedere mail alcuno, se non il confessore, gli educatori e i maestri insegnanti, fino alla fine della villeggiatura. Danilo fu costretto a lasciare la villa per sempre, e per la stima e fiducia verso il padre fu inviato a Pettorazza, in villa Grimani, a sostituire il gastaldo avanti con gi anni. Tuttavia, il loro amore non si spense mai.

Anni dopo, quando Loredana fu finalmente liberata dalle sue catene, tornò a Villa Cornaro. Lì, nel rifacimento di parte del muro perimetrale del brolo, trovò una lettera di Danilo, nascosta tra le fessure. Nella lettera, Danilo le prometteva che, nonostante tutto, il loro amore sarebbe sopravvissuto oltre il tempo e lo spazio. “Ahinoi. Troppo spesso ciò che gli amanti vogliono trovano nel destino ostacoli e difficoltà come se fosse deciso altro per loro”.

E così, la leggenda di Loredana Grimani e Danilo continuò a vivere, sussurrata dal vento tra le antiche mura di Villa Cornaro, come un eterno ricordo di un amore che neanche il tempo riuscì a cancellare. Ancora oggi, in villa Cornaro pare che i cuori sofferenti degli amanti, e solo loro, sentano i lamenti e i pianti della giovinetta Loredana nella notte di San Lorenzo per quell’amore incompiuto dell’estate del 1765.

Nel 1765, Villa Cornaro, con la sua elegante architettura cinquecentesca, era il cuore pulsante della vita sociale e culturale di S.Stefano di Volpino. Tra le sue mura, si svolse una storia d’amore tanto intensa quanto proibita.

Loredana Grimani, figlia del nobile patrizio Giambattista Grimani e della Nobile Cornelia Cornaro, era una giovane donna di straordinaria bellezza e intelligenza. Cresciuta tra i fasti della villa Grimani a Mogliano Veneto (oggi Villa Volpi) e nel palazzo omonimo a Venezia, Loredana era destinata a un matrimonio di convenienza che avrebbe rafforzato il prestigio le alleanze della famiglia patrizia con altra di pari rango.

Tuttavia, il suo cuore apparteneva a Danilo, un giovane di umili origini che lavorava come giardiniere nella tenuta di Villa Cornaro. Costui era figlio del Gastaldo Micheletto, responsabile delle tenute dei Cornaro a S.Stefano. Loredana lo conobbe nell’estate del 1765 durante il soggiorno della famiglia Grimani in Villa Cornaro. La villeggiatura in villa di campagna era legata al periodo estivo e iniziava a metà di giugno e terminava nell’estate di San Martino (11 novembre). La villeggiatura era una abitudine della nobiltà per allontanarsi dal caos della città per godere di momenti più rilassanti nelle proprietà in terraferma (all’epoca Venezia contava 140.000 abitanti). Ivi portavano la famiglia intera e il personale (30/40 persone). La nobile Cornelia Cornaro, madre di Loredana, la ereditò in precedenza.

Danilo era un giovane di grande talento e sensibilità, capace di trasformare i giardini della villa e il brolo in veri e propri paradisi terrestri. Durante le sue rare passeggiate solitarie, Loredana aveva spesso osservato Danilo al lavoro, affascinata dalla sua dedizione e dalla sua passione per la natura e dai meravigliosi risultati ottenute nel creare un giardino sorprendente. Un giorno, mentre Loredana compiva una passeggiata, i loro sguardi si incrociarono e iniziarono le prime chiacchiere, sorrisetti, sguardi e fu come se il tempo si fosse fermato. Nonostante le loro differenze sociali, tra i due nacque subito un profondo affetto. Da quel momento, i due giovani iniziarono a incontrarsi di nascosto, scambiandosi promesse d’amore eterno sotto le stelle.

Ma il loro amore era destinato a scontrarsi con l’ostilità delle rispettive famiglie. I Grimani, fieri della loro antica nobiltà, non potevano accettare che la loro figlia si legasse a un semplice giardiniere anche perché avevano previsto un matrimonio con Francesco Morosini, figlio della omonima nobile famiglia patrizia, per portare ancora più lustro al loro casato.

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